Il 26 giugno, i Musei Vaticani dedicano un importante appuntamento del Giovedì dei Musei al completamento del lungo e complesso restauro del ciclo pittorico della Sala di Costantino, la più grande delle Stanze di Raffaello.
I lavori di conservazione, iniziati nel marzo 2015, si sono concentrati inizialmente sulla parete orientale, dove si trova la magnifica scena della Visione della Croce, e si sono conclusi nel dicembre 2024 con il restauro del grande arazzo dipinto che domina l'intera decorazione al centro della volta.
L'intero progetto è stato coordinato dal Dipartimento di Arte del XV e XVI secolo e realizzato dal Laboratorio per il Restauro dei Dipinti e dei Materiali Legnosi in collaborazione con il Dipartimento di Ricerca Scientifica, con il generoso sostegno dei Patrons of the Arts nei Musei Vaticani, Sezione di New York.
La pulizia dei dipinti, con il recupero dei valori formali ed estetici dell'intera decorazione delle pareti e della volta, ha portato alla luce numerosi spunti di riflessione storica, critica e tecnica sui metodi di esecuzione, temi complessi e stimolanti che rappresentano una sorta di svolta nello studio di Raffaello, della sua bottega e dei grandi progetti artistici del XVI secolo.
La Sala di Costantino era indicata nei documenti come Aula pontificum superior per distinguerla dall'Aula pontificum inferior situata al piano inferiore, nell'Appartamento Borgia. Destinata a cerimonie ufficiali come concistori o banchetti nuziali solenni, fu intitolata all'imperatore romano che concesse la libertà di culto ai cristiani e fu decorata in diverse fasi: Durante i pontificati medicei di Leone X (1513-1521) e Clemente VII (1523-1534), ai quali si devono i dipinti a olio sulle pareti di Raffaello raffiguranti Comitas e Iustitia Iustitia, e i monumentali affreschi sulle pareti dipinti dalla sua bottega, I dipinti, opera di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni, raffigurano la Visione della Croce (o Adlocutio), la Battaglia di Ponte Milvio, il Battesimo di Costantino e la Donazione di Roma; durante il pontificato di Paolo III Farnese (1534-1549), che commissionò alcuni lavori a Sebastiano del Piombo; e infine durante i pontificati di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585) e Sisto V Peretti (1585-1590), quando la volta fu decorata da Tommaso Laureti, allievo di Sebastiano del Piombo e autore dell'iconico Trionfo del Cristianesimo sui Pagani. Oggi, le due straordinarie figure dipinte a olio dall'artista urbinate, la monumentalità delle scene murali e l'abile inganno visivo creato da Laureti con i dipinti sulla volta, di cui il falso arazzo al centro è un capolavoro supremo di prospettiva illusionistica, consentono di apprezzare l'ineguagliabile ricchezza decorativa e iconografica della sala, ora che è stata completamente restaurata. Al termine del restauro decennale del ciclo pittorico della Sala di Costantino, si può affermare senza dubbio che i dipinti sulle pareti, le due figure a olio di Raffaello e i quattro affreschi di Giulio Romano e dei suoi collaboratori, insieme alla successiva decorazione della volta ad opera di Laureti, con i loro diversi approcci pittorici, costituiscono una testimonianza rinnovata e straordinaria, un vero e proprio palinsesto, della pittura romana dal primo al tardo Cinquecento.
Il convegno sarà aperto dalla Direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, e vedrà la partecipazione del Curatore del Dipartimento di Arte del XV e XVI secolo, Fabrizio Biferali, della Responsabile del Laboratorio di Restauro Pittorico e Legni, Francesca Persegati, e del Responsabile del Dipartimento di Ricerca Scientifica, Fabio Morresi. Francesca Persegati e il maestro restauratore Fabio Piacentini, nonché il responsabile del dipartimento di ricerca scientifica, Fabio Morresi. Al termine dell'incontro è prevista una visita alla Sala di Costantino, dove saranno presentati i lavori di conservazione.
Il restauro della Sala di Costantino
Alcuni spazi riecheggiano il loro vuoto. È il caso della Sala di Costantino, e non solo perché si tratta della sala più grande del ciclo di Raffaello nei Palazzi Vaticani, ma anche perché questa meraviglia architettonica dipinta va ben oltre la semplice funzione di "ospitare" l'arte. È arte che dialoga con la politica, narra e crea una scena. Ora che i lavori sono terminati, è nuovamente visibile e, soprattutto, interpretabile da nuovi punti di vista.
Un decennio di lavoro assiduo da parte di molte persone e centinaia di giorni di studio, diagnosi, scansioni laser, riflettografia, microscopia e spazzolature accurate hanno dato vita a una chiara determinazione: comprendere la sala piuttosto che semplicemente "rifarla"; liberarla, riportarla nel dibattito pubblico.
Il restauro completato nel dicembre 2024 è stato presentato in occasione del Giubileo, ma va ben oltre qualsiasi tipo di esposizione cerimoniale: è infatti una dichiarazione forte. La Sala di Costantino non deve essere osservata passivamente. È una creatura complessa, una narrazione multiforme, un teatro che torna alla vita. Comitas e Iustitia, Raffaello - o, più propriamente, quel poco che resta di lui - sopravvivono come due figure ad olio sulla parete con tutto ciò che hanno realizzato.
La sala descrive la storia della successione, come si organizza un laboratorio e come infine si trasforma l'eredità in linguaggio. Episodi monumentali completeranno le pareti ad opera di Giulio Romano e Giovan Francesco Penni: Visione della Croce, Battaglia di Ponte Milvio, Battesimo di Costantino e Donazione di Roma.
Si uniscono per esprimere molto chiaramente un messaggio inequivocabile: avere il diritto di governare secondo la loro rappresentazione di Costantino, dipinto come un santo nel conferire questa legittimità. La pittura non decora, ma costruisce l'ideologia. Dopo cento anni arrivò Tommaso Laureti. Dipinse sulla volta il Trionfo del Cristianesimo sul Paganesimo, un'opera che sembra scaturire da un sogno geometrico: un arazzo simulato e un apparato prospettico che sembrano sfuggire alla fisica o allo spettatore. Si tratta infatti di un elaborato spettacolo manierista in cui il disegno diventa architettura mentale e il soffitto si trasforma in un labirinto visivo. Era in anticipo sui tempi, ma ora sta ottenendo il giusto riconoscimento. Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, sta coordinando l'operazione e ha seguito il progetto in ogni fase con meticolosa attenzione ai dettagli.
Riflettografia a infrarossi
Per lei significa una fusione tra tradizionalismo e innovazione, un tentativo di conservazione senza imbalsamazione. La sua è una risposta a quella realtà fin troppo comune in cui i musei corrono il rischio di trasformarsi in magazzini di cose già viste: lei concepisce il museo come uno spazio che pone domande.
La Sala del Restauro di Costantino ha sollevato molte domande di questo tipo, alcune delle quali potrebbero persino risultare inquietanti: cosa significa guardare un'opera d'arte? Come viene rappresentato il potere? E, in fin dei conti, cosa significa la storia nell'arte? È supportata da un team eccezionale: il restauro dei dipinti è sotto la supervisione di Fabio Piacentini e Francesca Persegati, mentre Fabio Morresi e il suo team di diagnostici hanno scansionato la sala come se fosse un sito archeologico.
Tra i loro strumenti figurano la riflettografiaa infrarossi, la fluorescenza UV, l'analisi stratigrafica e la modellazione 3D: un metodo di restauro pittorico meticoloso, strato dopo strato, senza scorciatoie, che alla fine non ha rivelato solo un restyling, ma piuttosto una profonda rivelazione. E c'è di più. Ciò che rende il tutto ancora più affascinante è che la sala rimane fedele alla sua storia. Non è un nascondiglio o semplicemente un pezzo di passato messo sotto vetro, ma agisce come una sorta di meccanismo di difesa. , curatore di arte del XV e XVI secolo, esprime chiaramente questa idea: La Sala di Costantino racconta la storia di un intero secolo, con i suoi papi, le sue crisi, le sue scelte politiche. Dall'umanesimo di Leone X alla Controriforma di Sisto V con la tempesta del Concilio di Trento, queste immagini non sono "belle", sono necessarie.
La Sala di Costantino
Queste immagini trasmettono messaggi importanti, sia per il nostro tempo che per gli spettatori di allora. Chi osserva queste opere oggi non è solo cardinali e ambasciatori, ma un pubblico molto eterogeneo composto da studenti, turisti, curiosi, credenti e amanti dell'arte. Questa differenza cambia completamente l'esperienza. La sala offre, forse più che mai, un'esperienza che parla di bellezza e di difficoltà. Entrare in contatto con essa significa farsi strada attraverso una rete di significati, significati che spiegano che un'immagine non deve essere immediatamente chiara, che un volto può nascondere una dottrina, che in una pennellata può esserci un'interpretazione del potere.
La Sala di Costantino non è più, e forse non è mai stata, solo "la più grande delle stanze di Raffaello". Emerge piuttosto come un'opera d'arte capace di abbracciare la totalità del mondo. Ora che è stata restaurata, riportata alla luce e messa in discussione, è pronta per una nuova storia con tutti i suoi diversi strati, i suoi fantasmi e le sue contraddizioni. Forse ciò di cui abbiamo bisogno in questo momento è proprio un luogo che non voglia semplificare, ma piuttosto complicare. Uno sforzo che non offra conforto, ma inviti alla riflessione. Un murale che parla di storia e ci ricorda che il presente, come l'arte stessa, ha molte sfaccettature, significati e punti di vista.
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